Maryla Jonas, pianista polacca. A quindici anni debutta in Germania. Nel 1932 vince il premio internazionale Chopin, nel '33 il premio internazionale Beethoven di Vienna.
Nel '39, anno dell'invasione nazista della Polonia, è a Varsavia con il marito, i genitori e i fratelli.
Catturata dalla Gestapo, un ufficiale la riconosce e le propone la salvezza a Berlino. Rifiuta. Si fa varie settimane di carcere. Un altro ufficiale tedesco, che l'aveva ascoltata suonare in Germania, le apre le porte consigliandole, una volta a Berlino, di chiedere asilo all'Ambasciata Brasiliana.
Parte per Berlino. A piedi. Percorre svariate centinaia di chilometri, settimane e settimane dormendo dove capita, sotto un albero o sul ciglio della strada. All'Ambasciata del Brasile la fanno passare per la figlia dell'Ambasciatore imbarcandola su un volo per Lisbona. Da lì, via nave, raggiunge Rio.
In Brasile, alla notizia che tutta la sua famiglia - unica eccezione sua sorella che era riuscita a fuggire con lei- era stata sterminata, subisce un crollo nervoso. Non suonerà più, per un lungo tempo non le riuscirà nemmeno di sedersi davanti ad un pianoforte.
A Rio, dall'Europa, arriva un altro pianista polacco, Arthur Rubinstein, un po' per una tournée, un po' per organizzare aiuti per i profughi. Sa bene chi è la donna che gli sta di fronte, e la invita a suonare.
Ma lei ancora non può. Allora lui le chiede di sedersi e strimpellare semplicemente qualche nota con il pretesto di una prova acustica della sala. Lei, a questo punto, che non può rifiutare al maestro anche questo , controvoglia, si mette al piano.
Sono le 14,30. Comincia a suonare e, sgusciando letteralmente fuori dal tempo e dal dolore e incantando i presenti, si alza frastornata dallo sgabello alle 19,30.
A quel punto Rubinstein, che non aveva nemmeno mangiato, ebbe appena il tempo di vestirsi per il concerto.
vincent
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