A primavera in costiera amalfitana mi piace arrivarci dall'alto. Dai monti Lattari. Per le stradine ripidissime che sembrano scale calate dal cielo. Si scende da Tramonti, da Sambuco, da Pogerola sprofondati in un verde profondo e profumato di agrumi. Vertiginose feritoie sull'azzurro infinito del mare, traforato dai tetti bizantini di Ravello. L'abbagliante magia di questo paese-teatro conserva un pudore antico, una grazia segreta che ha la fragranza sontuosa delle terrazze fiorite di villa Ruffolo. Dove Wagner vide materializzarsi il mitico giardino di Klingsor, lo scenario del Parsifal. È bellissimo lasciarsi portare dal dedalo dei vicoli, dove lo sfondo contadino dei vigneti si intreccia allo splendore dei palazzetti moreschi. Quel che amo di Ravello è la sua riservatezza inattuale. Perfino l'onda caciarona del turismo le passa sopra come l'acqua su una lastra di pietra calda. Lasciando una traccia di vapore subito cancellata.
M. Niola
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