Voci. Se fosse possibile tradurre in parole le emozioni che hanno suscitato in noi le voci di coloro che abbiamo amato nel corso della nostra vita! E tuttavia le portiamo in noi, nel più profondo di noi stessi, come un tesoro in uno scrigno che non può essere mostrato a nessuno, e del quale solo noi possediamo la chiave. Lo zio celibe che corteggiava le ragazze, che coltivava la letteratura, che morì in un incidente e che noi sentimmo, quel giorno, raccontare con malinconia una delusione d'amore; il nonno rude e tenero che, con un tono di rivolta non ancora spenta ed eppure paradossalmente venata di nostalgia, descriveva la sua trincea della Grande Guerra; la prozia ciclotimica, prodiga di suoni allegri come quelli di un fringuello in certe stagioni e avara in altri momenti di parole inerti che rivelavano il grigiore della sua depressione. Certe voci, o altre ancora: voci della nostra infanzia, e dell'infanzia di ognuno. Ma come restituirle?
Antonio Tabucchi, Autobiografie altrui
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