martedì 16 agosto 2016

Lo zen e il tiro con la carabina ad aria


Credo che la nostra bravura abbia a che vedere con la natura di questo sport e con la nostra indole latina. Mi spiego meglio. Generalmente si ritiene che questo sia un gioco di concentrazione. Ed è vero, per questo i cinesi vanno forte. Ma c'è anche un altro ingrediente fondamentale, che spesso viene sottovalutato, ed è l'emotività.
Chi guarda occasionalmente questo sport difficilmente lo capisce, perché non dà la risposta corretta alla domanda più semplice: che cos'è il bersaglio? Materialmente è un puntino nero su un foglio di carta posto a cinquanta metri di distanza da chi spara. Ma se fosse solo questo, vorrebbe dire che avrei passato gli ultimi 16 anni della mia vita a sparare contro un foglio di carta? E mi sentirei un idiota.
Quel puntino è ben altro, è la sintesi oscura delle nostre paure, delle nostre aspettative, delle nostre ambizioni. E di tanti altri sentimenti che spesso amano annodarsi tra di loro. E più sale la pressione - come accade in una finale olimpica - più quel nodo si stringe e il puntino diventa piccolo, imprendibile e perfido, e attrae e respinge i proiettili a seconda delle intenzioni con cui vengono sparati. 
Ecco, il tiro a segno è quella disciplina in cui devi imparare a sciogliere quei nodi. È quell'arte che ti insegna che per vincere la paura non devi né ignorarla né fuggirne, ma accettarla, capirla e gestirla. Non si tratta di aspettare che passino le nuvole, ma di imparare a ballare sotto la poggia.


Niccolò Campriani, due ori a Rio 2016 nel tiro con la carabina ad aria







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