La domanda era:
Siamo sicuri che dipenda tutto da questo micro-beota a forma di pianetino dal ghigno malefico?
O, come al solito, questa è l’ennesima riprova - manco ce ne fosse bisogno - che quando il gioco si fa duro noi umani, con un automatismo perfettamente collaudato nei secoli, rispondiamo procurandoci un “ capro “. Un nemico utile. Lo usiamo per poter glorificare l’eroismo di alcuni di noi che in tempi normali sfruttiamo e sottopaghiamo. E poi ci serve perché ci affratella, perché per sentirci popolo amiamo ancora rivolgerci alla vuota retorica della guerra.
Ma allora perché molti di noi ci convivono col micro-beota?
O magari se la cavano con banali sintomi da raffreddore?
Perché esiste il Terreno!
E il Terreno- argomento di conversazione quasi proibito- è l'elemento decisivo.
Perché, in questa orgia di dati numerici, introduce il grande assente: la Qualità.
E, si sa, di qualità è molto più difficile parlare.
Facile, ascoltando il bollettino quotidiano dei decessi, precipitare nello sconforto: la tempesta, quando si scatena è a caso che assesta i suoi fendenti, chi ci assicura che i prossimi non siamo noi?
Nessuno.
Ma c'è un'immagine che ci può venire in aiuto, una bella immagine che ha il potere di sottrarci dal precipitare nell'indistinto del terrore: penso a quella in cui il Risorto appare a Maria di Magdala e lei pensa che sia un giardiniere -in un dipinto di Charles de la Fosse il Risorto tiene in mano una vanga- Solo i bravi giardinieri sanno che il segreto per essere ripagati dalla fatica è la cura del terreno.
Tutti gli altri inutilmente s'affannano con concimi chimici e pesticidi.
Il fatto è che siamo esseri unici e irripetibili.
Alcuni di noi hanno terreni ricchi di humus, come prati concimati dalle vacche.
Altri li hanno devastati da cicli insensati di monocultura.
Nel mezzo ci siamo tutti noi, tutte le possibili e immaginabili variazioni sul tema.
Ce lo dovremmo appuntare su un francobollo di carta e portarlo sempre con noi:
" Sono un Soggetto di Qualità, non sono un oggetto da bombardare con numeri da statistica "
o, se preferite, " Sono un Creatore di Luce ".
Quelli che si intendono di vino lo sanno benissimo:
il vino si fa col terreno. E sono capaci di descrivere tanti e tanti diversi " umori " del loro vino.
E sanno che tutti quegli " umori " intrecciano relazioni finissime con le caratteristiche del loro terreno. Non è stato forse il Solare-Divino incarnato nell'uomo di Palestina a dire:
" Io sono la vite, voi siete i tralci "
E se la pandemia fosse venuta per provare a sanare il pandemonio?
Se le rasoiate virali che stanno abolendo le cerimonie degli addii fossero inferte per la nostra guarigione? Non sto alludendo a colpe da espiare.
Penso piuttosto ad accadimenti di rara potenza, a drammi che portiamo da anni nelle
nostre anime e che forse solo ora trovano il modo di essere rappresentate.
ne riparliamo..
vincent
Ma allora perché molti di noi ci convivono col micro-beota?
O magari se la cavano con banali sintomi da raffreddore?
Perché esiste il Terreno!
E il Terreno- argomento di conversazione quasi proibito- è l'elemento decisivo.
Perché, in questa orgia di dati numerici, introduce il grande assente: la Qualità.
E, si sa, di qualità è molto più difficile parlare.
Facile, ascoltando il bollettino quotidiano dei decessi, precipitare nello sconforto: la tempesta, quando si scatena è a caso che assesta i suoi fendenti, chi ci assicura che i prossimi non siamo noi?
Nessuno.
Ma c'è un'immagine che ci può venire in aiuto, una bella immagine che ha il potere di sottrarci dal precipitare nell'indistinto del terrore: penso a quella in cui il Risorto appare a Maria di Magdala e lei pensa che sia un giardiniere -in un dipinto di Charles de la Fosse il Risorto tiene in mano una vanga- Solo i bravi giardinieri sanno che il segreto per essere ripagati dalla fatica è la cura del terreno.
Tutti gli altri inutilmente s'affannano con concimi chimici e pesticidi.
Il fatto è che siamo esseri unici e irripetibili.
Alcuni di noi hanno terreni ricchi di humus, come prati concimati dalle vacche.
Altri li hanno devastati da cicli insensati di monocultura.
Nel mezzo ci siamo tutti noi, tutte le possibili e immaginabili variazioni sul tema.
Ce lo dovremmo appuntare su un francobollo di carta e portarlo sempre con noi:
" Sono un Soggetto di Qualità, non sono un oggetto da bombardare con numeri da statistica "
o, se preferite, " Sono un Creatore di Luce ".
Quelli che si intendono di vino lo sanno benissimo:
il vino si fa col terreno. E sono capaci di descrivere tanti e tanti diversi " umori " del loro vino.
E sanno che tutti quegli " umori " intrecciano relazioni finissime con le caratteristiche del loro terreno. Non è stato forse il Solare-Divino incarnato nell'uomo di Palestina a dire:
" Io sono la vite, voi siete i tralci "
E se la pandemia fosse venuta per provare a sanare il pandemonio?
Se le rasoiate virali che stanno abolendo le cerimonie degli addii fossero inferte per la nostra guarigione? Non sto alludendo a colpe da espiare.
Penso piuttosto ad accadimenti di rara potenza, a drammi che portiamo da anni nelle
nostre anime e che forse solo ora trovano il modo di essere rappresentate.
ne riparliamo..
vincent
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