martedì 27 dicembre 2016

L'Atelier dell'errore


Gianluca+Samuele+Matilde+Giulia+Olu+Giorgia+Luca+Pietro+Marino+Sante+Giovanni+Giulia+Paola+Samuele+Alessio



In atelier, con i ragazzini, disegniamo solo animali. Da dieci anni ormai.
Rari animali rari, paleontologia a mani nude, solo carta, pastelli e colori.
In atelier il contrario di " normale " è " speciale ", e quello di " guardare " è " vedere ".

Dicono i ragazzini, che gli animali dell'atelier, segno su segno, pomeriggio dopo pomeriggio, noi non ce li ricordiamo.
Dicono che quelle bestie lì, sono quelle che non hanno dato retta a Noè, e non ci sono volute salire in quell'Arca venuta su in mezzo al deserto, o sono arrivate in ritardo, come sempre, come a scuola.
Poi tutta l'acqua di quaranta giorni e quaranta notti, e sono tutte morte, estinte tutte.
A volte appaiono pure bestie che non hanno mai messo zampa sulla terra.
Bestie che stanno ancora in lenta marcia, per lunghe fila, nei cieli, dai cieli,
per arrivare fin quaggiù.
Ma ci vorrà tempo, un lungo tempo, dicono i ragazzini.
Se ci saremo ancora.
I ragazzini arrivano in atelier inviati dalla Neuropsichiatria Infantile, AUSL
Reggio Emilia.
Cartella clinica con difficoltà in ordine sparso.
Fra le più frequenti: ritardi più o meno gravi, difficoltà di apprendimento, 
dislessie, disprassie, sindromi dai nomi aggraziati e traditori ( Turette, X-fragile, ecc. ),
ipercinesi, fino al misterioso ed onnivoro contenitore dell'autismo.

Questo è uno dei due motivi per cui l'atelier si chiama " atelier dell'errore ".
A scuola, sul bus, dal panettiere, sono " errori ", per i " normali ", loro.
Il politicamente corretto li chiama ragazzini con problemi. Il risultato non cambia.
La pietà sa essere assai feroce.
Questo lo impari stando con loro, in breve.
Loro restano in attesa, d'altro.

Per lo più, un ragazzino arriva in atelier educato alla convinzione di non saper disegnare.
Spesso, memorabilmente, arrivano a proclami perentori del tipo: " Io non posso disegnare ".
Che è il " non sai disegnare " inflitto a scuola, subìto e poi sublimato in formula assoluta.
Questa è la sfida. Ma è difficilissimo tirarli fuori da quelle convinzioni lì.
E tempi lenti, e pazienza a dosi massicce. Su entrambi i fronti.

Giovanni, arrivato in atelier avrebbe voluto fare il vaso, o il portaombrelli; 
si sarebbe trovato più a suo agio. Disegnare, un affare proibito. Da lui il primo
" non posso disegnare " entrato nell'anedottica dell'atelier. Poi lentamente,
scopriamo che le bestie, come le vede lui, nessun altro.
E gambe lunghissime su ginocchia a sfere, e corpi solidi, di un'aurea 
geometria morfologica, secca ed armonica. Mi è perfino venuto da pensare
ad una particolare correzione interna al suo occhio, fisiologia a noi negata.
Meraviglia di un alfabeto inedito che mi diventa nel tempo sempre più familiare.
Mi avvicino a lui di soppiatto, mentre traccia anatomie su fogli sempre più grandi 
e m'incanta. Sempre.
Un po' così è nato " Il cammello purpureo di Correggio " che Giacometti ha già voluto nel suo
atelier celeste.
C'è anche chi vorrebbe disegnare sempre e solo quello che " sa già disegnare "
Presunta, testarda, apparente e fragilissima sicurezza che non è di soddisfazione a nessuno.
Men che meno a loro.
In quel caso si dà battaglia al segno pre-supposto, ri-saputo, stereotipato,
quasi compulsivo e alla conseguente inibizione ed insoddisfazione.
Queste, per approssimazione evidente, sono due differenti tipologie d'ingresso in atelier.
Ma a dire il vero, ognuno di loro, come ogni uomo, fa storia a sé, e di storie in atelier 
ne avremmo davvero tante da raccontare.
Davide, il primo anno, dal bagno ci ha allagato l'atelier, mentre noi ammiravamo un temporale.
Lo avevano sospeso, poi lo abbiamo recuperato, con qualche patteggiamento.
Quest'anno si è conquistato sul campo, la specializzazione in " semiotica del tratto autistico ".
Ci mettiamo lì, io e lui, a guardare Debora che non parla. Gesticola e gorgheggia snodando il corpo come una contorsionista. Autismo dei più enigmatici. Per un anno ha trattato i pastelli come una pietra focaia, sfregandoli con violenza compulsiva fino a sfinirne le punte, oppure trapassare di lancia il costato del foglio innocente. Adesso ci si capisce di più, e lei traccia infiniti ricami di linee sottili, torte e ritorte, labirinti di segni inestricabili, " scarabocchi " per i più.
Davide invece, saltuariamente la interrompe, gira e rigira il foglio tra le mani e interpreta, rilegge, meglio sarebbe dire: traduce per noi, " normali " di un analfabetismo che non vediamo nulla nell' "informe ".
E allora ecco: ritratti di loschi briganti, clown in lacrime, antichi guerrieri achei o da ultimo, settimana scorsa, una pagnotta con due pesci. Ultima cena per lasciare stupida e stupita la nostra normalità.
E questo è l'unico eccezionale caso in cui in atelier non si vedono animali.

Spesso mi sono chiesto, ci chiediamo, mi si chiede, ma perché in atelier si disegna solo bestie, solo animali?
In realtà a me non interessa che i miei ragazzini eseguano il disegno di un animale, una zebra che sia una zebra o un icneumone che sia un icneumone, ma che partendo dall'ispirazione di una zebra ne esca un quasi icneumone, o qualcosa del genere o meglio ancora qualcosa di mai visto, che non abbia nulla più della zebra né del nostro icneumone, me che evidentemente emerga da una maggiore urgenza, da una necessarietà non prevedibile né programmabile. E convincerti che si, zebra e icneumone forse stavano nella nostra testa, volenterosa e ambiziosa, ma quella cosa li, quell'animale mai visto che ne è uscito, certo stava nel nostro cuore, da molto tempo prima.
" Fin dalla fondazione del mondo ", mi viene da dire spesso, fra me e me.
E poi, dico sempre loro, ce ne sono già tante di zebre e icneumoni perfettamente ri-disegnati, ri-prodotti ! Noi siamo semplicemente chiamati ad altro.

Quindi a partire dall'informe, che domina il foglio bianco dopo i primi segni fallimentari, ed è spesso preludio alla resa, all'abbandono, guardare e ri-guardare fino a " vedere là dove tutti guardano e pochi vedono ".
Indurre ad una strategia dell' " improvvisazione ", personale traduzione del dono celeste dell' " ispirazione ".

In atelier quindi, nessuna retromarcia consentita, e vietatissima la gomma.
Andare avanti piuttosto, proseguire sempre da quel che c'è, per quel che si è.
Che è un po' quello che si capisce della vita da grandi.
Nobilitare una sconfitta, trasfigurarla in qualcosa di in-atteso, di in-aspettato, di in-audito, di in-sperato.
Meraviglia delle meraviglie.

E successivamente, una volta apparse, comprese, ri-conosciute: nominare e prendersi cura di quelle creazioni-creature. Costruire una casa e un mondo, in parole e racconti, al " Pesce Mandarlone ", alla " Ienacinta ", o al " King Kong gigante con i tentacoli ".
È più chiaro forse ora, che ai miei ragazzini non chiedo semplicemente di disegnare un animale, quanto di dare vita all'unicità di una loro creazione-creatura.
E allora, se devo prendermi cura di qualcosa-qualcuno, nominarlo, creargli un mondo attorno che lo qualifichi e lo determini, certo molto meglio un essere vivente che non un vaso di fiori, una bottiglia, un paesaggio.
Certo, c'è pure l'eccellenza della figura umana.
Però, a mio avviso, la creatura umana è davvero storia a sé.
Mi sembrerebbe un gesto imperdonabile di " hybris " qualsivoglia variazione su un tema tanto perfetto.
Ecco perché solo di animali si vive in atelier.

Giulia, se la incontri per strada fai fatica a guardarla negli occhi, un po' per la timidezza assoluta, un po' per lo strabismo che ti disorienta. In atelier, come l'albatro di Baudelaire, dispiega ali regali e ti lascia piccolo piccolo in basso, piedi a terra. Ormai disegna su fogli che sono fondali da scenografia, bestie da lasciar d'incanto, con una passione, una tenacia quasi maniacali. Poi sfrutta la dislessia per nominare in maniera assoluta e unica: il " Bisoten ", che incornerebbe una locomotiva d'acciaio con la facilità con cui facciamo una pallina della stagnola della cioccolata. La " Grazza Radra ", che sul suo penname porta pazientemente inscritte, una ad una disegnate, le 1-2000 uova che saranno la sua sicura discendenza o la " Ienacinta " che ha in pancia contemporaneamente 25000 figli.

L'universo parallelo di bestie che nascono in atelier, appartiene di fatto ad una " oltre-zoologia " che a noi non è data, e che per assurdo, si dà solo a mani poco o per nulla addestrate al disegno, mani di " allevatori-pastori-demiurghi-erranti " come quelle dei ragazzini in atelier.
Noi, dalla nostra stanziale " normalità caina ", possiamo solo ri-conoscere, intuire, apprendere, gioire, inchinarci, ringraziare per tanta Bellezza-Verità.
Loro, " abelinità " della sconfitta, erranti del margine, soccombenti del quotidiano, in quello spazio-luogo dedicato, sanno spesso trovare casa, e portare frutto, dalla possibilità di riscatto loro offerta.

Io poi, personalmente, " resto di sale " ad ogni nascita, ad ogni ritrovamento.
E muovo, ad orari cadenzati, verso l'atelier chiedendomi inutilmente quale nuova creatura risveglierà inesorabilmente il mio assopito stupore. Custodisco gelosamente questo privilegio, cercando di ricambiare i ragazzini accompagnandoli per mano nella luce abbacinante della loro ritrovata " pratica poetica ".
Non c'è nulla di quello orecchiato a scuola, in " artistica " specialmente, come dicono loro, che possa supportare, giustificare, soddisfare lo sguardo su lavori come quelli, per bestie come quelle lì, in-aspettate a loro stessi. E " rassicurare e proteggere " dallo spavento, dal disorientamento, che la loro propria personale e sconosciuta " facoltà poetica " accompagna.
Rimirando insieme un lavoro portato a termine con gestualità improvvisa, velocissima e irrefrenabile o con faticante stratificarsi di segno dopo segno, mi accorgo di averli al mio fianco come minatori esausti, inadatti alla luce naturale.
Diurnità negata dal corso delle cose, da una schiacciante " meccanica delle necessità ".
E allora, delicato tempo, in fiducia e pazienza, reciproci, per quei primi passi alla luce del sole.

Errore, caduta, cadere, in atelier si pratica la caduta controllata e il suo riscatto, la sua " inversione benigna ".
Considerare l'errore, la caduta, costitutivi della vita, di ogni vita, di ogni Uomo che sia tale.
Del resto, insegna la meccanica della biologia molecolare, se non ci fossero stati errori su errori, in quella meravigliosa elica che è il nostro DNA, saremmo ancora miliardi di batteri perfettamente allineati.
E questo è l'altro motivo per cui siamo l' " Atelier dell'errore ".

Ma chi davvero crede, ed investe, nella potenzialità poetica di questi ragazzi?

Normalmente un'amministrazione locale si struttura anzitutto, giustamente, sugli aspetti clinici che affliggono questi ragazzini.
Cura delle diverse patologie, attenuazione delle sintomatologie, per consentire a questi ragazzi, nel limite del possibile, un'accettabile autonomia nel quotidiano, nell'ordinario appunto, cui poter far fronte.
Saggio traguardo di salvaguardia.
Da questo punto di vista, l'indirizzo particolarmente illuminato della Neuropsichiatria Infantile dell'AUSL di Reggio Emilia, grazie alla collaborazione con l'Indaco Onlus, ha un'attenzione particolare verso i suoi piccoli pazienti, e può vantare al suo interno una tradizione ventennale di atelier dedicati a questi ragazzi: dalla musica alla cucina, dall'attività di serra alle attività espressive.
L' " Atelier dell'errore " appartiene appunto a questa tradizione e ambiziosamente mira alto, allo stra-ordinario di un'esistenza, alla sua potenzialità poetica appunto.
Ha scommesso sulla possibilità data a questi ragazzini di trasformare la problematicità in Bellezza.

E non si tratta a questo punto di un problema di arte o non arte, meno che meno di tecnica, tecniche.
Forse nemmeno di una generica categoria di arteterapia che, tutta l'arte è terapia tanto quanto una vita può arrivare ad essere l'opera d'arte assoluta, capolavoro ineguagliabile.
Si tratta quindi di prendersi cura di Uomini.
Uomini, che sono carne, ossa, nervi e Anima e Spirito.
Per questo mi piace pensare l' "Atelier dell'errore " come " Infermeria della Bellezza ".


Luca Santiago Mora, novembre 2012







Un orso è un orso
non c'è soccorso;
da lui son corso
gli ho offerto un torso
mi ha dato un morso.
Un orso è un orso,
non c'è soccorso,
non ha rimorso.


Totti Scialoja





lunedì 26 dicembre 2016



Ricordiamo quello che Voltaire scrisse nel 1755 a Rousseau, ossia al Grande Paranoico del Ritorno alla Natura, a proposito del " Discorso sull'origine dell'ineguaglianza tra gli uomini ": " Ho ricevuto il vostro nuovo libro contro la razza umana, e ve ne ringrazio. Non fu mai impiegata tanta intelligenza allo scopo di definirci tutti stupidi. Viene voglia, leggendo il vostro libro, di camminare a quattro zampe. Avendo perduto questa abitudine da più di sessant'anni, sento purtroppo l'impossibilità di riprenderla. Né posso mettermi alla ricerca dei selvaggi del Canada, perché le malattie a cui sono condannato rendono necessario per me un medico europeo".


Tratto da: " L'imbecillità è una cosa seria " di Maurizio Ferraris





domenica 25 dicembre 2016


Salmo


Nessuno c'impasta di nuovo, da terra e fango,
Nessuno c'insuffla la vita alla nostra polvere.
Nessuno.

Che tu sia lodato, Nessuno.
È per amor tuo
che vogliamo fiorire.
Incontro a 
Te.

Noi un Nulla
fummo, siamo, reste-
remo, fiorendo:
La rosa del Nulla,
la rosa di Nessuno.

Con la stimma anima-chiara
lo stame ciel-deserto,
la corona rossa
per la parola di porpora
che noi cantammo al di sopra,
ben al di sopra 
della spina.

Paul Celan da: La Rosa di Nessuno 







giovedì 22 dicembre 2016


Loda all'angelo il mondo,
mostragli quello che è semplice,
quel che, plasmato di padre in figlio,
vive, cosa nostra,
alla mano e sotto gli occhi nostri.
Digli le cose. Resterà più stupito.


R.M.Rilke





venerdì 16 dicembre 2016


" Mediaset, azienda patrimonio del paese "
Paolo Gentiloni

" Nessun attacco scomposto a Gentiloni e al Governo "
Silvio Berlusconi

Il Governo, prima di decollare, ha sostituito un' ALA.

vincent





giovedì 15 dicembre 2016

Attacco a Mediaset!


Ci attaccano. Un attacco vile e meschino. Un attacco " da oltre confine ".
Si tratta di un imprenditore bretone. Interi decenni per farsi un'immagine del tuo " nemico ", gli F35 costati sudore e lacrime e pronti a decollare per il Grande Altrove, che so, la Russia.. o la Corea del Nord, per poi scoprire che il nemico c'è l'hai in casa ed è talmente nemico da minacciare nientemeno che la proprietà di Mediaset. Ve lo immaginate un imprenditore dell'Ohio denunciare una " invasione " perché un tizio come lui in doppiopetto ma residente in Virginia lancia una scalata alla sua azienda?
Ma poi siamo così sicuri che la Bretagna sia in Europa?

vincent






martedì 13 dicembre 2016

Alfano e l'inglese: problemi di "waind". E la commissaria Ue lo corregge



Io me lo immagino, in gioventù, un bel falò su una spiaggia siciliana e Angelino ed amici a cantare ispirati: " The answer is blowin in the waind "
I migliori auguri per il suo nuovo, prestigioso incarico alla Farnesina: ne avrà bisogno.

vincent   

venerdì 9 dicembre 2016


Il profumo di legno fresco
è una delle ultime cose che dimenticherai
                  quando il velo si chiuderà.
Il profumo di legno bianco e fresco
nel tempo della linfa, in primavera:
È come se stesse passando la Vita fatta persona
a piedi nudi, con la rugiada nei capelli.
Il soave e nudo sentore
si genuflette, muliebre e biondo,
nella quiete che hai dentro,
suona le tue ossa 
come flauti di salice.
Con una gelata sotto la lingua
cerchi fuoco per farne
una parola.
E sai, mite come
il vento del sud nella mente,
che al mondo esistono ancora
cose su cui contare.


Hans Børli, Il profumo di legno fresco





sabato 3 dicembre 2016



Finestre alte


Quando vedo una coppia di ragazzi
e penso che lui se la scopa e che lei
prende la pillola o si mette il diaframma,
so che questo è il paradiso

che ogni vecchio ha sognato per tutta la vita -
legami e gesti messi da parte
come una mietitrebbia arrugginita,
e ogni giovane che va giù per lo scivolo

di una felicità senza fine. Chissà 
se qualcuno osservandomi, quarant'anni fa,
ha pensato: Quella sarà la vita;
non più Dio, non più sudore e paura la notte

per l'inferno e per tutto il resto, non più 
il dovere di nascondere quello che pensi del prete.
Lui e quelli come lui tutti giù per lo scivolo
come maledetti uccelli liberi. E all'improvviso 

non una parola viene, ma il pensiero di finestre alte:
il vetro che assorbe il sole,
e, al di là, l'aria azzurra e profonda, che non mostra
nulla, che non è da nessuna parte, che non ha fine.


Philip Larkin






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