mercoledì 8 marzo 2017



57 donne del villaggio greco di Souli unite fra di loro e insieme ai loro bambini si gettarono danzando dal monte Zalongos nell'Epiro per sfuggire ai soldati turchi di Ali Pascià.

1
L'ultima cosa che di me vedrete
sarà uguale alla prima, identici
schiena e petto, tra testa e piedi
lo stesso peso. Muoio danzando
per non restare indietro, parziale
come chi vive in due luoghi diversi.
Nessuno qui passando mi ricordi,
prenda a imitarmi e smarrisca se stesso.
Davvero pensate che i proiettili 
mi penetrino, cavino il mio guscio?
Guardate come già tutto da me esce
questo verde, il blu cinereo. Pure
non è possibile aggiungere nulla.
Anche la morte voglio usare
per aumentare il mio essere.

Nella mia danza non c'è un prima,
un dopo, passi in successione.
Mai ho danzato di fronte a un pubblico,
ma loro sono i miei assassini.
Non gente che entra ed esce: uomini
legati a me per l'eternità.
La porta che ora aprono, a lungo
ancora sbatterà, da noi e da loro.
Innanzi a questa gente intensa, ferma
dentro un mirino, spoglio la mente,
cedo tutte le cure disattente
e m'abbandono alle sensazioni.
Sono piena di cielo.

3
In questa paura prendo rifugio.
Non mi faccio mancare alcunché:
tengo nell'occhio, e offerti nei palmi
come un tesoro, il fiato spezzato,
il corpo armato e i denti bellicosi.
Questo sono, questo condivido:
e già osservando, comincio a mutare.
Tu che hai interrotto la tua danza,
mi hai abbracciata: il limite e la paura
sono solo miei o tuoi;
il silenzio e la pienezza, di entrambi.

4
A volte è utile questo:
quando l'ansia mi offusca, cieca
contraddirmi, essere musicale.
Mettere a contrappeso una danza
lenta, d'una donna che non sono io.
Quasi immobile lasciarmi colmare,
un'energia più vasta di me.
Ieri in queste occasioni sbandavo,
il passo era più lungo della gamba.
Ora le mie sorelle mi ancorano,
una per mano tirano da me
la nota opportuna. E solo adesso
posso dare questo grande accordo,
perché non sono ordinaria, lenta:
ora tesa, in tumulto, sostenuta;
ora strumento di un'orchestra.

5
L'erba e non altro detta la mia danza,
mi trasferisco alla pianta dei piedi,
è come accolgo il vento nella mente
a determinare i nuovi passi.
Sapete che nella danza la musica
è solo un suggerimento: il vero
dispiegarsi si fa in silenzio
- prima trovo me stessa, poi accetto
proposte. Increduli ci guardate,
" Fuori di senno, indemoniate ",
pure anche voi, ignari, state danzando.

6
Tutta la vita è una preparazione 
alla morte? Una preparazione 
al momento successivo, piuttosto.
Non mi faccio mancare alcunché:
ferme nella mente le sensazioni 
degli abiti sulla pelle, blocco
un pensiero e l'avvolgo all'indietro,
in ogni cosa estrema lentezza.
Allungata in questa contemplazione 
anche il carnefice è orma dell'amore,
dato naturale che m'attraversa,
registrato e subito tramutato
in soffio di dolcezza.

7
Sono piena dei respiri degli altri.
Volevano una moglie, una madre:
tutto ho accettato. Nel ruolo prefisso
sono entrata muta. Pure nessuno
può dire: " Il sole sulla tua pelle
è un mio dono, viene da me
l'espansione che vivi ". Mia e solo mia
è l'anima aumentata dal sole,
il fuoriuscire in passi di danza,
l'essere che sale a ogni commozione.
Di fatto, io sono un desco imbandito,
chi s'avvicina potrebbe sfamarsi,
ma tutto ciò che mi hanno chiesto
è stato un ruolo sociale, rassicurare
della loro scelta altre mogli e madri.

8
Quando fuori tutto si muove appena,
ma dentro sono porte che si aprono,
soffi, espansione di pareti
che nemmeno conoscevo; o quando
nulla è interiormente e l'esplosione 
avviene all'esterno, nessun occhio
trattiene la danza: di entrambi
i momenti ho bisogno, caricarmi 
e poi svuotarmi, lasciar andare
l'aquilone ma tenerlo a una corda.
Continuamente muto di segno,
due ali, inspiro ed espiro.
Che oggi si possa morire non cambia:
è un momento come tutti gli altri,
sforzo, abbandono, contemplazione 
- nulla.

9
Uno sfondo epico. Il cielo nero,
tuoni, noi con il cuore lucido.
Come non avvertire gratitudine?
Sotto l'acqua, davanti ai soldati
io danzo. Non c'è bisogno d'altro
che della sensazione della pioggia,
esser presenti. Sono uno strumento 
musicale, l'odore di bagnato
estrae da me suoni di muta estasi.
Nessun merito in particolare
o azione volta a un fine, eppure
tesori su tesori, inondazioni.
Non so perché.

10
Alla fine di un giorno di lavoro
il corpo è pronto: ha l'energia
per danzare. Nel tempio o in piazza,
il culmine della giornata. Fiotti
nuovi d'energia, come se il lavoro
fosse stato un modo di caricarsi.
Da dentro una forza spinge, tira,
dolcezza inesauribile. Celebro
la stanchezza, il corpo vigile e teso
come una corda di violino.
Alla fine di una vita in presenza
l'anima è pronta: ha l'energia
per guardare, iniziare la sua danza.


Daniele Pietrini, Zalongo



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