venerdì 11 novembre 2016

Fotografia e Giudizio Universale



Che cosa mi affascina, mi tiene incantato, nelle fotografie che amo? Credo si tratti semplicemente di questo: la fotografia è per me in qualche modo il luogo del Giudizio Universale, essa rappresenta il mondo come appare nell'ultimo giorno, nel Giorno della Collera. ( .....) Che ciò sia vero sin dall'inizio della storia della fotografia, un esempio lo mostra con assoluta chiarezza. Conoscete certamente il celebre dagherrotipo del Boulevard du Temple fotografato da Daguerre dalla finestra del suo studio in un'ora di punta. Il boulevard doveva essere stracolmo di gente e di carrozze e, tuttavia, dal momento che gli apparecchi dell'epoca esigevano un tempo di esposizione estremamente lungo, di tutta quella massa in movimento non si vede assolutamente nulla. Nulla, tranne una piccola sagoma nera sul marciapiede, in basso a sinistra nella foto. Si tratta di un uomo che si stava facendo lucidare gli stivali ed è dunque rimasto immobile abbastanza a lungo, con la gamba appena sollevata per poggiare il piede sul banchetto del lustrascarpe.
Non saprei fantasticare un'immagine più adeguata del Giudizio Universale. La folla degli umani - anzi l'umanità intera - è presente ma non si vede, perché il giudizio concerne una sola persona, una sola vita: quella, appunto, e non altra. E in che modo quella vita, quella persona è stata colta, afferrata, immortalata dall'angelo dell'Ultimo Giorno - che è anche l'angelo della fotografia? Nel gesto più banale e ordinario, nel gesto di farsi lustrare le scarpe! Nell'istante supremo, l'uomo, ogni uomo, è consegnato per sempre al suo gesto più infimo e quotidiano. E tuttavia, grazie all'obiettivo fotografico, quel gesto si carica ora del peso di un'intera vita, quell'atteggiamento irrilevante, persino balordo compendia e contrae in sé il senso di tutta un'esistenza.


Giorgio Agamben






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