lunedì 7 agosto 2017


Fu a Vincennes. È fiera, ma si lascia legare al palo docilmente. I due dragoni le fanno un nodo finto, come le comparse in un dramma a lieto fine. Potrebbe liberarsi facilmente ma non lo fa. Tiene alla Storia, mica al teatro. Rifiuta di farsi bendare gli occhi. Vuole vedere l'alba. Al comandante del plotone di esecuzione dice: " Non è per niente che Mata Hari vuol dire Luce del Mattino ". Sente la musica del fuoco. Non sentirà, per sua fortuna, la tromba degli zuavi che attacca sbadigliando una stonata marcia funebre. È il 15 ottobre del 1917. Dieci mesi prima, quando erano venuti ad arrestarla nella sua camera d'albergo dalla vasca da bagno era uscita nuda, nata per sbalordire quei semplici gendarmi. Già. È andata a letto con tutti gli uomini, con principi e milionari, con Céline e Marinetti, ma ha amato solo gli ufficiali. " Preferisco essere l'amante di un ufficiale povero che l'amante di un banchiere ricco ". Le piacciono i soldi e fare l'amore senza pensare ai soldi.
Sospettata di spionaggio, aveva subìto un curioso processo, in cui l'aula del tribunale era la ribalta di un teatro e le prove della sua colpevolezza fantasiose come la sua vita ( trentadue anni più tardi, il procuratore Mornet, che aveva sottoscritto la condanna a morte, avrebbe dichiarato alla radio: " Non c'era di che frustare un gatto " ). Nemico della frivolezza, il nuovo secolo aveva giudicato e giustiziato non lei, ma quell'Epoca che continuiamo a chiamare Bella.

Tratto da: Falene, 237 vite quasi perfette di Eugenio Baroncelli

Nella foto, Margaretha Geertruida Zelle detta Mata Hari il giorno prima dell'esecuzione.





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