giovedì 13 settembre 2018









La tecnologia oggi si basa sul lavoro umano attivo che deve produrre risultati. I social media forniscono valore alle aziende attraverso il lavoro degli utenti che popolano i database dei siti come Twitter o LinkedIn, fornendo informazioni personali rivendute ad altre società o usate per promuovere pubblicità.
Questi sistemi quantificano, mercificano, smaterializzano e riducono le persone a un insieme di abilità, attributi e preferenze. Attraverso questo processo di riduzione algoritmica, il lavoro di milioni di persone - in genere gratuito, solo a volte sottopagato -, viene estratto un valore immenso gestito in modo efficiente senza pagare le tasse. 
Il lavoro, inteso sia come remunerazione che come produzione, è sostituito da un sistema di ricompense che coinvolgono gli attori in una gara avvincente per la conquista della visibilità in vista di un premio simbolico che appaga il narcisismo e la speranza di affermarsi in un sogno di onnipotenza e singolarità assoluta. Il motore di questo scambio simbolico è l'aiuto tra pari e i meccanismi di condivisione, oltre che il sistema di sorveglianza reciproca e di autocontrollo di chi si impegna in una competizione. L'aiuto tra pari e gli algoritmi si combinano.
Quello che dobbiamo aspettarci non è la rivolta degli androidi assassini, né la sostituzione del lavoro da parte degli algoritmi, ma una rivoluzione del nostro rapporto con le macchine e con noi stessi. Da qui passa il potere, da qui passa l'alternativa.
Fuori dall'ufficio propaganda digitale c'è vita.




Roberto Ciccarelli, I robot avranno sempre bisogno di noi
Doppiozero.com   

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