mercoledì 19 settembre 2018








Prima che gli spasimanti dell'autoritarismo putiniano , come anche Salvini e Le Pen all'Ovest, portino a compimento la missione di disfare l'Europa occorre prendere atto che già oggi con l'attuale impianto l'Unione a 28, presto a 27, non è più in grado di progredire. E non soltanto per l'ostacolo di meccanismi decisionali che offrono poteri paralizzanti a qualunque forma di dissenso. Ma soprattutto perché è ormai profonda la spaccatura verticale fra due blocchi politici contrapposti. Da un lato, ci sono i paesi dell'Est che si muovono sotto l'egida della cosiddetta democrazia illiberale e stanno minacciosamente raccogliendo con le loro predicazioni ampi consensi anche nella parte occidentale del continente. Mentre, dall'altro lato, da Berlino a Parigi ci sono governi irresoluti e partiti intimiditi che vorrebbero sì salvare il progetto europeo ma non trovano la forza di tirare le inevitabili conseguenze di questa incresciosa realtà. Prima fra tutte quella che lo storico progetto di unità europea oggi può essere salvato soltanto al prezzo di una pur dolorosa operazione chirurgica. Solo in meno si potrà fare di più, molto di più. Altro che negoziare l'adesione di nuovi Paesi, la crescita politica dell'Unione oggi può realizzarsi solo per sottrazione. Dopo anni di ossessivi dibattiti sul rigore dei bilanci pubblici, è giunta l'ora di dedicarsi a una ben più vitale austerità: quella politica e istituzionale all'insegna della democrazia fondata sullo Stato di diritto.




Massimo Riva 

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