giovedì 14 maggio 2020

Scambi








È il 6 febbraio, un Frecciarossa deraglia a Ospedaletto Lodigiano.
27 feriti per fortuna non gravi, i due macchinisti muoiono nella motrice staccatasi dal resto del convoglio. Accorrono soccorritori, forze dell’ordine, curiosi. Si forma quello che adesso 
chiameremmo un assembramento. Causa evidente del disastro: il blocco di uno scambio.
Di lì a pochi giorni, a Codogno, provincia di Lodi - tanto vicino a Milano che un innamorato si faceva la strada a piedi per incontrare la bella Gigogin - viene ricoverato un uomo che accusa una forte insufficienza respiratoria. E qual’è la causa di una insufficienza respiratoria? Il blocco di uno scambio. Sia alla stazione di Ospedaletto ( ?! ) Lodigiano che, in drammatica sequenza, nelle terapie intensive assistiamo allo scatenarsi incontrollato di blocchi di scambio.
Una “ prova dell’aria “ in un mare in tempesta.
Poco m’importa nella scena che sto cercando di descrivere se “ la narrazione “ che ci è stata fornita dai media sia vera o truccata. Resta il fatto incontestabile che di quelle immagini per un paio di mesi  la nostra vita psichica si è comunque “ alimentata “. Anche e forse soprattutto se ne abbiamo messo in discussione l’autenticità.
Una “ prova dell’aria “ in un mare in tempesta.
Si muore “ avendo la sensazione di affogare “
Si tenta di guarire “ ricevendo la sguardo “ di un essere umano che affoga.
Questo l'unico scambio possibile.
Ma perché si bloccano gli scambi?
Perché improvvisamente nel mondo va collassando la funzione essenziale da cui dipende la vita?
Quale vita è possibile in assenza di scambi?

Ma è poi così vero che tutto precipita in pochissimo tempo? Nessun segno che preceda il dramma?
Sì, dramma, perché, anche se molti di noi che esercitano giustamente il diritto di critica accusano i media e i governi di essersi ormai ridotti a far da cassa di risonanza di innominabili interessi, malgrado tutto ciò sia non solo legittimo ma anche vero, resta nondimeno vero che è nei vortici di questo mare in tempesta che tutti noi viviamo, scriviamo, ci indigniamo, ci addormentiamo o vegliamo in un confronto febbrile con fatti, opinioni contrastanti, spesso presenze fantasmatiche.

 In verità di tempo ne abbiamo avuto a sufficienza. 
Ancora prima di incontrare lo sguardo severo di Greta.
Prima che l'attuale guarnigione di virologi potesse saturare ogni spazio di informazione.
Esponenti di una nobile scienza al servizio dell'uomo ci avevano da tempo avvertito sulla difficoltà a respirare di quell'organismo vivente che chiamiamo Terra.
In una non meno drammatica prova del fuoco avevamo già visto ardere e dissolversi nel fumo un numero incalcolabile di ettari di foresta.

La Terra intera fatica a respirare.

E sta succedendo, è strano a dirsi ma è così, che anche tutti noi, respirando - si fa per dire - nello spazio oscuro di una mascherina, finiamo con invertire la direzione del Co2, anidride carbonica che dovremmo liberare verso la natura circostante, sovraccaricando così il sangue di un prodotto di scarto. E se risponde a verità che il respiro è mosso da un infinito spirito conoscitivo, la fatica a respirare non rischia di trasformarsi nell'intorpidimento progressivo di questa pulsione essenziale alla vita?
Vegetalizzare il respiro sarà o magari è già ipnotizzare la curiosità?
Cos'altro è la curiosità se non una domanda di scambio?
A cosa si riduce una vita che rinuncia all'azzardo della contaminazione?
E piuttosto che accettare il corpo a corpo con l'azzardo accetta di vivere - o meglio sopravvivere - avendo come meta ultima da realizzare la Perfetta Asepsi?
Distanze calcolate al centimetro.
Movimenti che nulla possono concedere alla spontaneità.
Le nobili manifestazioni del calore umano come cause di infezioni.
Il Prossimo come contagio.

In cosa si trasforma una vita che non vuole saperne di morire?



vincent    



   


   

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