sabato 5 maggio 2012





" Lo vidi personalmente una sola volta in occasione della sua prima all'Olympia ed è per me un ricordo incanccellabile. Apparve tra le quinte non come se fosse la stella della notte ma un macchinista smarrito, con i suoi enormi baffi da turco, i suoi capelli arruffati e un paio di scarpe pietose, come quelle che usava suo padre per portare mattoni. Era un orso gentile, con gli occhi più tristi che abbia mai visto e con un istinto poetico che non si arrestava davanti a nulla. " L'unica cosa che non mi piace sono le brutte parole." diceva di lui sua madre. Effettivamente era capace di dire tutto e molto più di quanto fosse permesso, ma lo diceva con una forza lirica che trascinava qualsiasi cosa oltre la sponda del bene e del male. Quella notte indimenticabile all'Olympia cantò come mai prima, struggendosi per la paura in lui innata per lo spettacolo pubblico, ed era impossibile sapere se piangessimo per la bellezza delle sue canzoni o per la compassione che suscitava in noi la solitudine di quell'uomo fatto per altri momdi e per un altro tempo. Era come stare ad ascoltare François Villon in persona o un Rabelais inerme e feroce insieme. Non ho mai più avuto occasione di vederlo ed anche gli amici a lui più vicini lo perdevano di vista. Poco prima di morire qualcuno gli chiese cosa stesse facendo durante le giornate del maggio '68 e lui rispose:" Avevo una colica renale." La risposta fu intesa come un'insolenza in più fra le tante che pronunciò durante la sua vita. Ma adesso si sa che era vero."

G. G. Marquez per Brassens   

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