mercoledì 3 ottobre 2012

Alfonsina Morini


Alfonsina Morini in Strada, beffata dal destino


Nacque in bicicletta, come il mongolo Gengis Khan a cavallo. Visse sulla strada, come pretendeva il cognome del primo marito. La bicicletta e la strada. Correre per arrivare al traguardo. Quello era il suo destino, e lei non lo tradì. Fu il destino, per uno dei suoi quasi inspiegabili capricci, a tradire lei.
Vinse la prima corsa quando, scandalosamente donna, inforcò la bici per scappare di casa. (.....) Era il faticoso principio dell'altro secolo. Lei, esile e breve, stava in sella come un piccolo re. Affollò di parigini, maschi, sbalorditi e ululanti, il tempio di Vel d'Hiv. Nel 1909, a S. Pietroburgo, pedalò davanti alla baffuta corte dell'ultimo zar. Due anni più tardi, conquista il record dell'ora: 37,192 chilometri minuti come lei. Corre al fianco di Girardengo il giro di Lombardia del '17: è il controverso lampo di un sorriso nel paese che piange Caporetto. Fece, unica donna, il Giro d'Italia del '24. Ogni tappa è una via crucis: anche diciassette ore di pedalate, anche quattrocento chilometri infernali di strade sterrate. Forò mille volte. Scalò le barbare montagne dell'Abruzzo. Caduta, rovinò la bicicletta e dovette ripartire con un manico di scopa ricurvo al posto del manubrio. Nel diluvio di Perugia, che aveva trasformato le strade in torrenti, quasi annega. Arrivata fuori tempo massimo, fu riammessa in gara a furor di popolo.
Ebbe due mariti, il Luigi Strada di cui sapete già e un tal Messori, ma neanche un figlio. Invecchiò sola nella casa di Milano. Vicina ai settant'anni, fece una fine ironica. Morì in cortile mentre tentava di avviare, credendola innocente, la sua Moto Guzzi nuova. Siccome quella non voleva partire, partì lei, senza neppure muoversi, per l'ultimo traguardo.


E. Baroncelli," Falene, 237 vite quasi perfette"
  


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