domenica 5 agosto 2012

Box secondo, il bassotto marrone senza patria




Lo chiamano tedesco, ma è nato russo e morirà cecoslovacco. Cucciolo, fu regalato a Elena Ivanovna, Rukavisnikov da ragazza e Nabokov da maritata, il cui speciale attaccamento ai bassotti tedeschi marroni suscitava nelle zie una malcelata perplessità. Patì il destino della sua padrona. Già vi sento: " Questo è naturale". Però vi chiedo: e l'opinione del cane? Fatto sta che, goduti i fasti di Vyra, dovette sopportare le disgrazie dell'esilio. Andò a invecchiare in un sobborgo di Praga: rabbiosamente, se avesse potuto dirlo. Quando uscivano a passeggiare in quel gelo, la padrona lo imbacuccava in un cappottino stremato dai rammendi, di due taglie in meno della sua, e gli applicava alle fauci una tremenda museruola cecoslovacca di metallo. Umiliato dal vestito, furibondo contro l'accessorio, la seguiva a una certa distanza, che forse avrebbe chiamato sdegnosa. Fu un émigré senza le lacrime. Cosa ci faccio qui?, avrà pensato. Più di una volta avrà pensato alla beata vecchia Russia. Più di una notte avrà sognato i nonni, Quina e Brom, che erano appartenuti  a Anton Paulovic Cechov, dottore in pediatria.


E. Baroncelli, "Falene, 237 vite quasi perfette"     

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